Da Roma a Rosarno. E ritorno

Rosarno stravolge le certezze sul Sud e i migranti. Rappresenta il fallimento. E tuttavia ci permette di ripartire.
La rete nata a Roma dopo i fatti di Rosarno è attraversata da questa esigenza, che se ne discuta nelle assemblee nello Spazio daSud o che si organizzino momenti pubblici. Fa un’analisi rigorosa e cerca soluzioni concrete. A partire dai cento migranti arrivati a Roma che ieri insieme a noi hanno rivendicato pubblicamente i loro diritti. Sono i ragazzi che hanno reagito al razzismo e alla ‘ndrangheta. Che sono stati sfruttati e deportati dallo Stato. Con loro stiamo lavorando all’assemblea cittadina e poi al primo marzo, una data importante, persino oltre le intenzioni degli organizzatori o il fatto che il sindacato non convocherà lo sciopero.
Parallelamente, continuiamo a guardare alla Calabria, il vero luogo della vertenza. Con una consapevolezza per noi fondativa: non tutto il positivo è dentro di noi o usa le nostre parole. Come, seppur con limiti, ha dimostrato il No Mafia day a Rosarno. Come dimostrano alcune esperienze politiche, sindacali, imprenditoriali, solidali e associative, il lavoro di don Pino Demasi nella Piana di Gioia Tauro, le iniziative in cantiere per i prossimi mesi.
Ripartiamo da qui, allora. Mettendo in rete esperienze, idee, passioni. Con il portale Equalway, Banca Etica e Carta lavoriamo alla costruzione di una nuova filiera delle arance calabresi: nessuno spazio per chi paga la mazzetta o sfrutta il lavoro nero. Con l’archivio multimediale Stopndrangheta.it abbiamo realizzato un dossier su Rosarno. E’ sul web, avrà una versione cartacea. Per ripartire dai fatti, dalla memoria dei fatti. Lo presenteremo a Reggio Calabria, città di contraddizioni sociali e intrecci perversi. Da spezzare. Lo faremo con associazioni, forze politiche e sindacali, artisti e cittadini. Lo porteremo nelle scuole e anche a Rosarno, per riattraversare un territorio oggi off limits: la prima zona rossa permanente dopo Reggio ‘70. Lo metteremo a disposizione di chi vuole, per riannodare i fili di un percorso di ricostruzione. Che passa da molti luoghi. Anche da Roma, nel nostro Spazio, dove dal 25 al 28 febbraio ragioneremo di Sud e crisi interrogando le voci critiche. Alla ricerca di nuovi linguaggi e percorsi a dispetto di malintese conoscenze del mondo migrante, del Sud, della Calabria. Con questo bagaglio lavoriamo a un’assemblea (il 3 e 4 marzo) all’Unical, insieme a professori e studenti e molti altri (Resecol, Sem, A Sud) per parlare della dorsale della solidarietà, di mafie e di una nuova questione meridionale.
C’è bisogno di rimescolare i paradigmi e riportare la Calabria in Calabria, Roma a Rosarno. I viaggi di sola andata non hanno senso. Serve un nuovo impegno collettivo. Sono tante le questioni in campo, lontane e intimamente collegate: la bomba di Reggio e le mille minacce delle cosche, il mercato del lavoro bloccato, i reportage dei giornali pervicacemente senza notizie, i fatti di Rosarno e la gestione dei fatti di Rosarno. Fino alla costruzione del Ponte sullo Stretto alle porte.
C’è un caso Calabria. Persino il governo – seppure in modo maldestro – se n’è accorto. Occorre una mobilitazione delle mobilitazioni, per ragionare di Rosarno e ‘ndrangheta, lavoro nero e malapolitica. Costruita su parole d’ordine chiare e non equivocabili. Alla classe dirigente senza credibilità si deve rispondere con la partecipazione, la rivendicazione di diritti, di una identità. Il contrario del rinvio a tempi migliori o dei nuovismi di maniera. Bisogna aprire una discussione sul senso di essere e praticare Sud. E costruire un grande momento di partecipazione popolare. Insieme ai tanti calabresi e italiani che vogliono farsi carico di un’emergenza democratica, di restituire verità e giustizia a un territorio, di dare un’opportunità a chi si mette in gioco e non sta chiuso nel proprio spazio. Chi non ci sarà, avrà la responsabilità di non esserci stato. Perché la Calabria non è persa, ma ci siamo vicini.

(pubblicato su Il manifesto)

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