Nuove parole per l’antimafia

Non ha affatto ragione chi richiama l’espressione dei “professionisti dell’antimafia”. Primo perché Sciascia non l’ha mai scritta, secondo perché l’uso che se ne fa è spesso strumentale e serve a delegittimare furbescamente chi la lotta alla mafia la fa davvero.
L’espressione è impropria, eppure il problema c’è anche se per molto tempo abbiamo finto di non accorgercene provando a salvaguardare una unità nella lotta alle mafie che pensavamo fosse utile. E, per la verità, in una prima fase ci siamo riusciti. Oggi però quell’unità non c’è più. E anche la lotta alle mafie – dalle istituzioni ai partiti ai movimenti – dopo anni di risultati importanti segna il passo. Per questa ragione, è necessario per l’antimafia ripensare il suo percorso. Da qualunque punto di vista la si voglia praticare.
Chi frequenta il mondo dell’antimafia lo sa: il fronte costruito dopo le stragi del 1992 non esiste più, s’è rotto. Da molto tempo. Le elezioni comunali di Palermo, poi le Regionali siciliane sono state in questo senso la dimostrazione plastica delle divisioni. Il risultato è stato prima la frattura dei movimenti, poi alleanze imbarazzanti e infine la derubricazione delle tematiche antimafia a grottesche e inutili contese.
Le elezioni regionali e politiche alle porte producono una situazione elettrica che coinvolge, in modo diretto o indiretto, partiti, liste civiche, reti, associazioni e movimenti e aprono scenari nuovi con polemiche violente, alleanze innaturali tra antichi nemici, divisioni tra vecchi amici, spregiudicatezze. Il rischio, ancora una volta, è di schiacciare la lotta ai clan dentro la polemica. Il vantaggio, per una volta, è che gli schieramenti faranno chiarezza sulle posizioni sfatando il mito dell’unità. Che non esiste più (basti guardare le presenze e le assenze nelle liste). Che non può essere un assioma, ma il frutto di un lavoro costante di confronto.
Davanti a noi, allora, c’è una sfida. Che deve passare per l’autocritica e la chiarezza. Per nuove parole. E’ giusto e legittimo l’impegno politico di chi fa antimafia. Ma l’antimafia in politica non deve essere di chi la fa nella società. L’antimafia è un prerequisito dell’agire pubblico e la risposta alla crisi  dell’antimafia è allora la partecipazione fondata sui temi, non la costruzione di personaggi, gruppi o lobby. Altrimenti ai vecchi mostri dell’antimafia ne aggiungeremo di nuovi. Di tutto questo s’è discusso durante l’assemblea dell’associazione daSud, “Restart antimafia”, lo scorso 12 gennaio a Roma. Di un percorso aperto al contributo di tanti per costruire, e praticare, una nuova antimafia sociale e popolare.

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