Parole chiare e fatti concreti

Ci sono due buone notizie nell’estate 2012 sul fronte del contrasto alla mafia. E, per una volta, vengono dal mondo della politica e del lavoro.

La prima è  che il Partito democratico di Roma ha presentato un libro bianco sulla presenza delle mafie nella Capitale,  la seconda è che la Cgil ha organizzato gli Stati generali della legalità del Lazio. Fatti importanti, innanzitutto perché due rilevanti forze politiche e sociali – finora a Roma non era mai accaduto – assumono la lotta alle mafie come una questione centrale delle proprie organizzazioni. Finalmente.
In secondo luogo perché questi due strumenti – il libro bianco e la discussione agli Stati generali – sono stati l’occasione per mettere da parte, almeno per un giorno, il chiacchiericcio della politica, ascoltare voci importanti e rimettere al centro (o almeno provarci) della discussione pubblica le ragioni di chi (ancora pochi) sostiene che le mafie in città non sono soltanto più un’emergenza ma un fatto strutturale con cui confrontarsi.
Ma si tratta di due fatti importanti anche perché, avviando una discussione, Pd e Cgil hanno sottolineato quanti limiti esistano ancora nell’analisi del fenomeno mafioso; quale approccio “di maniera” o assai improvvisato sia prevalso finora;quale scarsa conoscenza del fenomeno guidi alcune riflessioni o, peggio, scelte. Insomma, Pd e Cgil – in via diretta o indiretta – hanno contribuito a togliere la coltre di polvere che esiste sull’antimafia romana. Una necessità. Soprattutto se rapportata a quanto sostiene il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone.
Intervenendo a una cena organizzata dalla Provincia di Roma e da Libera a sostegno della cooperativa Libera Terra-Rosario Livatino, il Procuratore ha affermato: «Dateci un anno di tempo per capire cosa c’è dietro l’arrivo a Roma di un fiume di denaro sul quale la città non s’è fatta troppe domande».Faranno bene a tenerne conto tutti i candidati a sindaco che continuano a confinare la lotta alle mafie nei dibattiti con le associazioni e non ne fanno mai un punto centrale della propria attività politica e amministrativa. Gli errori commessi in questi anni – per superficialità, difetti di analisi o malafede – e di cui oggi tutti i romani pagano il prezzo non possono ripetersi, se si vuole davvero aprire una stagione di lotta alle mafie anche nella Capitale. Ai candidati a sindaco, e agli aspiranti consiglieri comunali, alla vigilia della campagna elettorale dobbiamo chiedere parole chiare e fatti concreti. Soprattutto quando si parla di mafie.

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