Un mare d’illegalità

Il quadro viene definito di «assoluta gravità». Tanto da essere necessario «richiamare la massima attenzione da parte di tutte le istituzioni». Prima che sia troppo tardi.
Legambiente parla così del Lazio nel dossier  “Mare Monstrum 2012”, appena pubblicato per descrivere lo stato di salute del mare e delle spiagge italiane.                 Le considerazioni sono amare:  «Abbiamo spiagge e panorami mozzafiato che fanno invidia al mondo», ma «siamo anche i principali nemici della salute e della bellezza del litorale italiano.  Siamo quelli che hanno riempito le coste di cemento, che scaricano in mare acque non depurate e veleni, che rapinano il patrimonio ittico, che sfruttano in ogni modo a fini privati un bene pubblico insostituibile». Certo, è una situazione che riguarda soprattutto il Sud, ma nel Lazio la situazione sta via via peggiorando: i numeri – ottavo posto in Italia con 141 illeciti, 202 persone denunciate e 68 sequestri eseguiti – lo dimostrano. Sono tante le situazioni segnalate da Legambiente:  da Fondi a Gaeta, da Ardea a Formia. E anche zone di pregio come San Felice Circeo, all’interno del Parco nazionale, o ambite mete turistiche come Sperlonga o Sabaudia finiscono al centro del dossier con sequestri e blitz che coinvolgono spesso anche gli amministratori locali.

A Sabaudia, solo per fare un esempio, ben 8 consiglieri su 20 «hanno avuto o hanno problemi con la giustizia, con denunce, processi e procedimenti in corso, per reati che vanno dallo smaltimento illegittimo di fanghi biologici all’abusivismo e al falso ideologico». Un quadro a dir poco desolante, che riguarda al momento soprattutto la provincia di Latina. Eppure, se bisogna parlare di spiagge e località balneari, nessuno può dimenticare il caso Ostia.  Qui, già nel 2004, il presidente onorario della Fai (la Federazione antiracket) Tano Grasso, all’epoca consulente del Comune, denunciava la presenza di «organizzazioni criminali chiaramente proiettate in una prospettiva mafiosa» nei settori strategici come la gestione delle licenze e delle attività dei lidi. Per non parlare del fiume di droga che, proprio dal Lido di Roma, entra nella Capitale. Fatti e circostanze più volte denunciati dalle relazioni della Dna e dai dossier delle associazioni antimafia. Eppure la situazione non appare oggi troppo diversa. Le decine di incendi dolosi degli ultimi anni e gli omicidi, pesanti dal punto di vista dello spessore criminale di alcune delle vittime, dello scorso inverno sono lì a ricordarci che le mafie non vanno in vacanza.

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