Giochi di mafia

Girando per la città, in qualunque posto dal centro alla periferia, sempre più spesso capita di imbattersi in una sala bingo, slot o un minicasinò. E capita sempre con maggiore frequenza di entrare in un bar o in una rivendita di tabacchi e trovarsi di fianco le macchinette per il videopoker (da segnalare a proposito il progetto www.senzaslot.it). Che si tratti delle mega strutture luccicanti che invadono le strade o delle stanze squallide nel retro dei locali, siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione degli assetti urbanistici delle città (come può rilevare qualunque osservatore);dei modelli economici e imprenditoriali del Paese (il giro d’affari è di 100 miliardi all’anno); del modo di organizzare i bilanci dello Stato (con l’illusione, non supportata dai fatti, di rimpinguare le casse sempre più vuote); del modello sociale (con un’illusione di giocare e cambiare vita tanto che è stato calcolato che ogni italiano spende al gioco oltre 1200 euro all’anno). E le mafie? Come tutti i settori nei quali circola tanto denaro, i clan hanno aguzzano l’attenzione e l’ingegno. Tanto che il giro di affari delle mafie nel gioco è calcolato in circa 10 miliardi di euro all’anno. E i magistrati della Dna nell’ultima relazione spiegano anche come i clan fanno gli affari.

Una casistica quasi infinita: «Gestione e alterazione delle “macchinette”, imposte dai clan a tutti gli esercizi commerciali collocati nella zona di competenza, e alterate al fine di diminuire la tassazione ed aumentare i guadagni del clan; acquisizione delle sale per riciclare capitali e commettere frodi informatiche; gestione delle scommesse clandestine o offerta di skill games, attraverso bookmaker stranieri privi di ogni autorizzazione da parte dei Monopoli e in assenza di ogni forma di imposizione fiscale; alterazione delle corse ippiche attraverso atteggiamenti minatori verso i fantini o il doping sugli animali; false vincite in concorsi e lotterie, realizzate acquistando il biglietto vincente dall’effettivo titolare allo scopo di ripulire il denaro proveniente da reato; gestione delle case da gioco o concessione di prestiti a tassi usurari o ricorso a giocate fittizie sempre allo scopo di ripulire il denaro». Tutto questo ha a che fare con il fatto che Roma sembra in preda a una sorta di effetto Las Vegas? Probabilmente sì. Un problema per la magistratura, certo. E per la politica, finora distratta o complice. Che deve confrontarsi con il tema dei temi: da dove provengono i soldi immessi in grandi quantità nell’economia romana?

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